COME UN GAVISCON.
Ho passato anni a fare il Don Chisciotte quasi solitario contro la gestione Pallotta e i suoi misteri buffi Monchi, Petrachi, Di Francesco, Fonseca.
Anni e fiumi di parole a descrivere come illusori fuochi fatui tuffi nelle fontane e semifinali improvvisate perché non in linea con il vero valore che era il campionato.
Anni a ingoiare falsi proclami, dichiarazioni cialtronesche, situazioni grottesche e gli sfottò di chi ti sbatte una coppa in faccia dimenticando che gli abbiamo scucito dalle maglie uno scudetto.
Ridotto a tenere con timore il conto delle sostituzioni in ogni partita più del numero in centinaia di goal presi.
Poi arrivano loro, i Friedkin, poche parole, anzi il silenzio, e tanti fatti.
Più che texani, dei tibetani.
Da clausura.
Il mio personale Gaviscon per il reflusso gastroesofageo pallottiano.
Riordino completo dentro e fuori della società, dai campi agli uffici, senza tralasciare niente.
Riavvicinare i tifosi, riaccendere una passione ormai sopita alla mediocrità, con il dovuto rispetto dei ruoli, una missione prioritaria. Sempre presenti, non dispersi nell’etere tra Roma e Bostonboston e ridotti ad un ologramma.
Le radio romane, la stampa da strapazzo e i famosi topolini vengono derattizzati, costretti in un perenne stato di confusione ad inventarsi notizie che i texani tibetani manco discutono.
Lasciateli fare, sembrano dire a noi tifosi, e seguite solo noi.
Per la prima volta i botti di mercato (Mourinho ieri, Dybala oggi) arrivano prima delle presunte (che con Pallotta erano certezze) partenze (Zaniolo oggi? vedremo, ma certo non in cambio di Diawara valutato 23 milioni, per capirci).
E se parte Dzeko arriva subito Abraham, che non sbaglia aerei come i Malcolm.
E se Mikhitaryan ti fa fare la figura del fesso, ecco che apri la porta e ci trovi Matic e Dybala in sala attesa.
Prego, lor signori si accomodino e ci scusino per l’attesa.
Arrivi che sono autentici lampi a ciel sereno, il tutto mentre gli altri parlano di Fonseca cercato e scippato dal Real Madrid, Mourinho rabbuiato e pronto a dimettersi, Tiago Pinto un imbecille incapace, Zaniolo da un mese a Torino per due noccioline e un grazie da parte nostra.
E magicamente si torna pure a vincere, una portaombrelli per qualcuno, ma meglio dei bonsai.
Dopotutto papà Friedkin fa di nome Dan.
La D di Dino per capirci.
Viola, per intenderci.
Coincidenze, certo, ma una delle tante che mi fa parlare da un anno di analogie, tra quei tempi e oggi, vissute e respirate. E godute
E per me che ho visto il 75% degli scudetti della Roma, cioè 2 su 3, rammento che in quelle vittorie furono fondamentali gli arrivi prima di un tizio che si chiamava Paulo e nel secondo quello di un attaccante argentino .
Oggi arriva un attaccante argentino che si chiama Paulo.
Chiamale, se vuoi, coincidenze.
Ed emozioni.
E non è finita ancora, ne sono certo io e, da lassù, credo anche i Dino e gli Ago, gli Aldo e i Giorgio Rossi…