L’UOMO CHE VOLLE FARSI RE
Domani Peppiniello II sale al Quirinale e abdica a favore del suo successore Peppiniello IlI, come nelle migliori casate reali.
Più che una stele di Hammurabi di leggi e riforme, lascia uno stuolo di DPCM confusi e contraddittori.
Non giudico l’uomo di tutti i giorni al di fuori della politica.
Posso, però, giudicare l’uomo che si è fatto irretire, circuire, blandire fino a diventarne bramoso amante, dalla politica e dal potere seducente che ha.
Abdica, a favore di se stesso, nel solco della continuità dei Peppinielli dal 4 marzo 2018.
Poteva farlo con dignità due settimane fa, inizio crisi, invece di dedicarsi al proprio mercato delle vacche con tanto di caravanserraglio “pe passà a nuttat”.
Poi la paura che la sua Bastiglia fosse presa entrando dalla porta Bonafede per mancanza di soldati “responsabili” ha accellerato la sua abdicazione.
E così è maturata l’ennesima forzatura istituzionale, comunicando le sue dimissioni, tramite il Casalino show, prima alla stampa e poi al Presidente della Repubblica, ma tant’è.
La speranza, per lui e per il nostro paese, è che lo schiaffo ricevuto nel non trovare cortigiani, benché la sua convinzione, fatta di superbia e narcisismo, fosse ben altra, gli serva da lezione.
Magari accettando un eventuale consiglio di Mattarella di provare a formare un governo di larghe intese, con una personalità di spicco dentro, pur dovendo rinunciare alla successione dinastica di se stesso.
Perché Peppiniello deve sapere che, nell’opera di Kipling, il personaggio Dravot, sempre più compresso nel suo delirio monarchico, finisce con l’essere lanciato da un ponte su un burrone dai pastori kafiri, dei quali si era proclamato re.