«Il Fato è un cacciatore paziente. Certe coincidenze sono scritte in anticipo, come cecchini acquattati con un occhio nel mirino e un dito sul grilletto, in attesa del momento adatto.»
(Arturo Pérez-Reverte)
La storia del Torino Calcio, di quella gloriosa maglia granata color sangue, potrebbe essere racchiusa in questo aforismo. E in un nome e cognome: Gigi Meroni
Più volte i tifosi del Torino, e in generale quelli di tutta Italia che amano il calcio al di là di colori e tifo, si sono trovati a piangere per i loro eroi.
Superga, Gigi Meroni, Giorgio Ferrini. per citarne alcune, di tragedie, quelle più dolorose.
Il Torino, più ancora della Juventus, è rappresentativo di una città, Torino per l’appunto, da sempre legata alle leggende che riguardano culti esoterici e misteri tanto da meritarsi l’appellativo di città magica.
Una città dove magia bianca e magia nera si mescolavano agli squilli di una tromba suonata da un omino, un capostazione, Bormida, che era solito caricare la squadra nei momenti di difficoltà: quando lui suonava, Valentino Mazzola si rimboccava le maniche e il Torino “matava” gli avversari.
Come per magia, per l’appunto
Squilli che i nostalgici tifosi del Toro ancora sentono risuonare , in quelle giornate di maggio tanto amare ai loro animi.
E forse c’è qualcosa di vero, se intrecci queste considerazioni alla storia, tragica, che sembra permeare l’ esistenza di questa squadra.
Sembra quasi esserci un filo invisibile ma quasi fisicamente percettibile, che lega tragedie e passione, colore della maglia e sangue versato.
Un filo invisibile tenuto stretto solo dalla forza del destino.
Quel destino che, come affermava Pérez-Reverte, sembra essere un cecchino acquattato in attesa del proiettile giusto al momento giusto.
Nel caso della doppia tragedia di Superga e quella di Gigi Meroni, ad esempio.
Ricordiamo brevemente la prima, anche se è nota ai più, oramai.
La tragedia di Superga fu un incidente aereo avvenuto il 4 maggio 1949.
Alle ore 17:03, il Fiat G212 della compagnia aerea ALI, siglato I-ELCE, con a bordo l’intera squadra del Grande Torino, di ritorno da un amichevole a Lisbona con il Benfica, si schiantò contro il muraglione del terrapieno posteriore della Basilica di Superga, che sorge sulla collina torinese ; le vittime furono 31 .
Praticamente l’intera squadra del Torino Calcio, quella conosciuta e passata al mito come gli Invincibili, vincitrice di cinque scudetti consecutivi dalla stagione 1942-43 alla stagione 1948-49 e che costituiva la quasi totalità della Nazionale italiana.
Nell’incidente morirono anche i dirigenti della squadra e gli accompagnatori, tre noti giornalisti sportivi italiani e l’equipaggio.
Appunto, l’equipaggio.
Ed è qui che il Fato si dimostra cacciatore paziente, cecchino impietoso in attesa della sua vittima.
Deve solo aspettare e pazientare, certo che quell’occasione si presenterà, se sei una squadra che si chiama Torino, che ha i colori accesi del sangue, che è il simbolo di una città magica e misteriosa.
E qui passiamo alla seconda tragedia.
E’ il 15 ottobre 1967; Luigi Meroni, astro nascente del Torino e del calcio italiano, colui che riaccende la passione dei tifosi dopo il buio del post Superga, dopo la partita con la Sampdoria non può ritornare a casa, poiché non ha le chiavi.
Decide di prendere un aperitivo col compagno di squadra Poletti, aspettando il ritorno della compagna con la quale conviveva.
Insieme a Poletti si dirige quindi verso corso Re Umberto, percorrendo a piedi parte della carreggiata.
Si fermano in mezzo alla strada, aspettando il momento buono per completare l’attraversamento. Vedendo sopraggiungere un’automobile, decidono di scansarla facendo un passo indietro.
Dalla parte opposta, però, sopraggiunge una Fiat 124,
Poletti viene colpito di striscio; Gigi Meroni, investito alla gamba sinistra, viene sbalzato in aria dall’impatto, cade a terra nell’altra corsia e viene travolto da una altra auto che sopraggiunge in quel momento.
Stavolta viene centrato in pieno e trascinato per 50 metri.
Meroni viene portato all’ospedale Mauriziano da un passante; le sue condizioni sono disperate, ha gambe e bacino fratturati e con un grave trauma cranico
Gigi muore poche ore dopo, alle 22.40.
E qui il cacciatore paziente, sotto forma di Fato inesorabile, ha sparato il suo colpo.
Invisibile ai più ( ringrazio l’amico Elvio Esposito per avermi fatto conoscere questa storia), quel proiettile traccia il filo invisibile che lega queste due tragedie, Superga e Meroni, alla storia di questa squadra, il Torino.
Quel filo invisibile si intreccia attraverso un incredibile caso di omonimia.
Quello esistente fra Luigi Meroni, detto Gigi, astro nascente e idolo dei tifosi granata, e Pierluigi Meroni, detto Gigi, primo pilota dell’aereo che si schianterà su Superga.
Due Meroni, due Gigi, due tragedie, una comune squadra: il Torino.
Unica differenza: il nome del pilota cadrà nell’oblio, quello del calciatore rimarrà nel mito.
A tradire il Meroni pilota fu l’altimetro guasto e la fittissima nebbia che lo fece volare a quota pericolsamente bassa, fino allo schianto.
A tradire il Meroni calciatore non c’è la nebbia, la pioggia, ma c’è il buio.
E quella sua innata voglia di andare controcorrente, magari attraversando laddove non ci sono le strisce pedonali, dove non si poteva. E si ferma proprio in mezzo, sulla linea di mezzeria, incontrando il suo destino, che gli arriva alle spalle, mentre invece stava cercando di evitarlo intuendolo, erroneamente, davanti.
Due tragedie con lo stesso cognome (nemmeno tanto diffuso in Piemonte, ma entrambi, guarda caso, lombardi), lo stesso diminutivo, che volano sulle ali entrambe.
Quelle fisiche di un aereo per il pilota Meroni, quelle simboliche del suo soprannome, “la farfalla”, per il Meroni calciatore.
Due tragedie che hanno unito un paese, non essendoci maglia o tifo che tenesse innanzi a simili dolori.
Due cognomi uguali, due nomi simili, due tragedie per una squadra magica in una città magica.
Vuoi davvero pensare che il Fato non sia un cacciatore paziente, un cecchino infallibile solo fermo in attesa del colpo giusto al momento giusto?
A proposito, parlando di coincidenze: il giovane tifoso del Toro alla guida dell’auto che per prima travolgerà Meroni, si chiama Attilio Romero.
Quel giovane diventerà presidente del Torino Calcio, rimanendone tale fino al fallimento che decretò una altra tragedia per la squadra e i suoi tifosi, ovvero l’esclusione dalla serie A.
Se non vi piace il Fato come cacciatore in una città magica, con una squadra magica dai colori del sangue, allora tenetevi quest’altra:
«Il fato non si accontenta di una semplice calamità» (Publilio Sirio)
(di Antonio Mattera, www.pensolibero.it)