sporca guerra

SPORCA GUERRA

Dedicato a tutte le vittime , militari e non, e alle loro famiglie.

In particolar modo a Leonardo Buccoliero, Brigadiere dei Carabinieri, che, dopo varie missioni nei Balcani, si ammalò di tumore per gli effetti di quella che io definisco, in questo racconto, “sporca guerra”.

Una moglie e due figli, a soli 48 anni fu costretto sulla sedia a rotelle, uno strazio di dolore, rinunce e sofferenze durato 11 anni.

Lo dedico, citandolo, a Leonardo, e attraverso lui a tutti gli altri, perché questa tragedia non sia percepita solo come di fantasmi invisibili in un racconto di fantasia, ma abbia nomi, volti e dolore di storie terribilmente reali.

Onore a te, Leonardo, e agli altri, e un abbraccio alle vostre famiglie in cerca di verità e giustizia.

Ve le dobbiamo.

PROLOGO

“I militari sono stupidi animali muti da utilizzare solo come pedine in politica estera.”
(Henry Kissinger)
I numeri sono impetiosi : 330 morti e 7.765 malati. Numeri da bollettino di guerra, per chi in guerra ci è stato, ma non vi è morto.
Piuttosto ne è uscito, perdente o vincente, inconsapevolmente

Dai Balcani all’Afghanistan, parliamo di uno degli scenari più luttuosi nella storia delle forze armate italiane.
Prima feriti e poi uccisi non dal fuoco avversario ma per gli effetti dalle polveri infinitesimali dell’uranio impoverito presenti nei proiettili dei suoi alleati.

SPORCA GUERRA
Nel giardino di casa nostra giocano i miei bambini, Ludovico e Christian.
Mi fa piacere osservarli nella loro spensierata innocenza.
Dalla cucina mi giungono i rumori consueti delle attività nelle quali è impegnata mia moglia Lisa.
Mi da piacere ascoltarli: sanno di familiare.
Tracce di vita quotidiana, un usato sicuro al quale è sempre bello adagiarsi.

E io?
Quotidiano come tutto il resto.
Forse di più, negli ultimi anni.

Seduto come al solito, come negli ultimi due anni, su una sedia sulla veranda.
Un plaid sulle gambe a darmi caldo, la mia nuova protezione che ha sostituito la mimetica indossata per anni.
Sì, perché forse non l’ho ancora detto, ma io sono un militare.
Diciamo pure ero, visto che ora sono in congedo.
E morente.

Ah, dimenticavo!
Non osservo solo i miei figli giocare.
Non ascolto solo mia moglie affaccendata nelle sue incombenze.
Fiuto anche, giorno per giorno, uno strano odore.
Quello della morte, che gioca con me a nascondino ma che io so aleggiare su di me.

Capita quando hai un linfoma al polmone.
Capita quando rimani intere giornate seduto su quella sedia, sulla poltrona in salotto o sdraiato sul letto.
Spossato, senza forze, un relitto.

E ti capita di osservare quella coperta amorevolmente messa sulle tue ginocchia a proteggerti.
Come la mimetica che ho indossato in Bosnia e Kossovo per mesi.
Anche quella mi doveva proteggere, ma poi vedevo i miei colleghi americani salutarmi nelle loro belle tute NBC (quelle per la guerra batteriologica, per capirci) e mi chiedevo se erano fanatici loro o fessi noi.

E ti chiedevi se c’era qualcosa che non quadrava.
La risposta te la da il tempo, inesorabile.

Torni a casa in licenza, oppure sei in caserma o al fronte con i tuoi colleghi, e ti incomincia una fastidiosa tosse.
Ti dicono che è solo un colpo di freddo.
Incominci ad avere sangue nel catarro.
E ti dicono che hai, forse, una brutta bronchite.
Ti senti debole, spossato.
E ti diagnosticano il nemico invisibile ed implacabile.
Cellule grandi tumorali, ecco come te la raccontano.

È così che poi finisci per sederti su questa sedia, come me, con quella coperta sulle ginocchia e parte del polmone asportato.
E con una bombola per aerosol, perennemente al tuo fianco come un docile cagnolino.

Già, l’aerosol! Quanti ne ho fatti in Bosnia e Kosovo, per essere combinato così?
Anche senza saperlo!

Esatto, perché quando un proiettile DU (sta per depleted uranium, uranio impoverito) colpisce un carro armato o una casa, si sviluppa una temperatura superiore ai 3000 gradi centigradi.

Polverizza, vaporizza tutto ciò che è presente e tu lo respiri proprio come un aerosol.
E ti va bene, perché se il tumore lo hai al fegato significa che quella roba l’hai ingerita tramite un vitello o una capra che pascolava da quelle parti.
Comunque sia, sei fottuto.

E il bello è che mentre stavi morendo, o comunque scavandoti la fossa piano piano, il tuo Stato ti diceva che “era tutto OK”.

E ti parlano di guerre intelligenti!
Io non l’ho capita, concepita, testata, tutta questa intelligenza!

Se così possiamo definire un qualcosa che provoca, solo a noi italiani, quasi 8000 malati di tumori vari, e 340 morti per gli effetti dei proiettili ad uranio.
Però per lo Stato non v’è nesso tra l’utilizzo di quei proiettili e le nostre malattia.
Come se non fossero causa ed effetto.

E così, se non muori con il male, lo fai con lo stillicidio di cause civili e codicilli che vai ad affrontare, per ottenere un risarcimento o un sussidio a quanto ti è stato tolto.
Ma ci fosse solo l’uranio!
Il tritolo, la pentrite e i fulminati, solventi, vernici, insetticidi, decontaminanti per il lavaggio di mezzi e strutture.
Ecco un magnifico cocktail di morte offerto in quelle zone!

A disposizione di noi militari ma anche delle popolazioni civili di quei posti, vecchi, donne e, sopratutto, bambini.
E così, alla fine, per via di una guerra intelligente, ti trovi stupidamente seduto su questa sedia, fuori questa veranda.
Ad osservare nei tuoi figli un futuro che non sarà mai il tuo.
Ad ascoltare i rumori di tua moglie per fissarli in un passato che sta svanendo.
Il presente?
Quella coperta sulle ginocchia,la bombola di ossigeno al tuo fianco e mezzo polmone andato a puttane.

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