DI 27 CE N’E’ UNO, TUTTI GLI ALTRI NON SON NESSUNO.
Oggi è il Giorno della Memoria.
Per il resto dell’anno, magari, potremmo ricordarci qualche altro genocidio, meglio ancora se ancora in atto o volutamente dimenticato nei libri di storia.
Se la parola genocidio avesse una forma verbale, la sua coniugazione sarebbe: io lo sposto più in là, tu ti senti autorizzato, egli si ribella, noi lo meniamo, voi state a guardare, essi scompaiono (prima o poi).
Infatti, ogni genocidio è incominciato e terminato col tacito consenso del resto del mondo che ha volontariamente chiuso gli occhi a quanto succedeva, tappate le orecchie alle urla dei disperati e turato il naso al tanfo dei cadaveri che si accumulavano.
Nativi americani, Rwanda, Congo, Serbia, aborigeni australiani, armeni, fanciulli nativi canadesi, e via dicendo fino a quanto accade ogni giorno in Palestina, dove l’allievo ha superato il maestro.
Un genocidio non ha bisogno necessariamente di lager, forni crematori, campi di concentramento.
Lo puoi ottenere anche facendo diventare la terra altrui un carcere a cielo aperto, usando un machete, cancellando i ricordi e le tradizioni degli altrui popoli, negando diritti elementari.
Cambiano le prospettive, insomma, non gli effetti.
Anche il lessico moderno, la terminologia usata (oggi e in passato) aiuta a cambiare le prospettive.
In alcuni casi si parla di «esportare democrazia», oppure di «normale civilizzazione dei tempi moderni» oppure «catechizzazione dei selvaggi» per farli divenire «buon selvaggi».
Prendete ad esempio ciò che commemoriamo oggi.
Più di settanta anni fa si coniò il termine Shoah per ricordarlo.
Oggi si chiama Nakba e per dimenticarlo lo si ridefinisce con termini come «margine protettivo».
Più di settanta anni fa si costruirono mura, ghetti dove rinchiudere gli ebrei.
Si contrassegnarono uomini come animali obbligandoli a portare simboli identificativi.
Si tolsero diritti elementari come l’istruzione scolastica.
Settanta anni fa si chiamarono leggi razziali.
Oggi, in Palestina, si chiamano «diritti di autodifesa».
Da più settanta anni a questa parte solo una cosa non è cambiata: l’ipocrisia del resto del mondo che abbandona la parte più debole per schierarsi, con il suo tacito silenzio, a favore del più forte, anche se orribile mostro.
Per questo oggi non dovremmo andare solo per sinagoghe o riscoprire quelle vittime che hanno avuto la fortuna di sfuggire al mostro, ma avere il coraggio di dare voce a un palestinese, un nativo americano, un aborigeno australiano, un Tutsi del Ruanda, a chiunque abbia vissuto, anche attraverso lo scorrere nei secoli, il significato della parola «genocidio».
Perché tutto il mondo non è altro che un gigantesco ossario di guerre e stermini sul quale abbiamo fondato la nostra civiltà.
E non da settanta, e non su una sola vittima, come qualcuno, con questo giorno, vuol far credere.
Una provocazione: e se genocidio fosse anche distruzione silenziosa e sistematica di parte della popolazione mondiale che non ha gli anticorpi per sopravvivere in questa comunita’ di abbrutiti e cloni dal sorriso smaltato di fresco da esibire sui socials?
Da ragazza, ( non una vita fa, comunque), sorridevo di Bradbury e di Orwell perchè nella societa’ benestante, sicura delle proprie potenzialita’ ( sic!), in cui studiavo e m’immergevo la notte nei capolavori del passato, sembrava impossibile un futuro comandato dalla televisione..una scalata al ribasso , un’omologazione all’ignoranza, una scusante per l’abominio dell’ abdicazione al pensiero proprio, la rinunzia alla lotta contro l’oppressore culturale.( e non solo).
Allora chi non aveva studiato ti rispettava, sperava qualcosa da te..una risposta, un consiglio. Ti lasciavano libero di sognare e di volare via..perchè la cultura questa unica ricchezza dona e non è presunzione, ma impegno.
Oggi che questo mantra perverso è diventato realta’, neanche vent’anni dopo,senza spargimento di sangue ,( pare ),oggi che tutto questo s’è imposto, senza bisogno di guerriglia o di scontri di piazza, solo lasciando chiacchierare la mitica incantatrice in casa nostra ( e usando solo le orecchie)..oggi ..bisogna umiliarsi per sopravvivere, dissimulare per non insospettire, affabulare e rabbonire un mondo intero che si accultura col gossip e si ‘ riunisce’ virtualmente. ( e ne va fiero).
Oggi io cammino nell’ombra, ho paura d’esser riconosciuta e giudicata in base a parametri volgari e conformi..parametri che mi rifiuto di accettare solo perchè le frotte addomesticate intorno a me ne cantano gli slogan, oggi io ho paura e non rido più.
Intendiamoci: non v’è mai stato nulla di male nella canzonetta popolare o nel sano spegnere il cervello sotto il sole d’agosto..e nemmeno nel gioco della piazza ” virtuale”, se restasse solo un gioco per adulti e ragazzi.
Ma, una volta, c’era una serieta’ nella societa’ ..c’era un barlume di disciplina, anche.( e non c’erano i cellulari).
Mi addolorano i giovani, sempre più ignoranti, disamorati, incompetenti e prepotenti, che salve alcune eccezioni, vogliono eccellere ed eccellere in fretta, magari grazie alla tv..e non leggono, non leggono più.. soprattutto i grandi romanzi di formazione.( come se il mondo fosse meno pieno di Miserabili oggi che duecent’anni fa).
Allora sono orgogliosa d’essere una diversa ed un’introversa , una fallita …anche se questo mi ha alienato anche la mia famiglia , che forse non vedeva l’istruzione come un valore fine a se stesso, ma una marcia in più per ” riuscire” nella vita. ( illusi!)
Resto comunque in buona compagnia ..perchè sono tantissimi i quarantenni scontenti costretti a vivere, dopo tante vicissitudini, ancora con i propri vecchi e, se ci percepiamo poco interessanti (ah sì , dietro i sorrisi di circostanza è così…è il vincitore che piace) e ci rifugiamo nei libri, mentre il mondo corre e non sembra aver posto per noi, giovani vecchi,
Forse Lei capira’ il senso della mia provocazione..e chissa’ che non possa persino scusarla.
Non è una provocazione, è un altro aspetto della vita, non condannabile, ne criticabile, ma da esplorare, capire e dal quale, perchè no, anche imparare. I giovani di oggi, mediamente, escono dalle scuole superiori forse piu ignoranti (in storia, geografia e altre discipline) dei nostri genitori dalle elementari. Salvatore Quasimodo e il suo nobel viene soppiantato nei piani di studio da Moccia e i suoi lucchetti. Chiediamo che i giovani sappiano cosa sia l’Olocausto ma la seconda guerra mondiale entra nei piani di studio della terza media (mentre io l studiavo già alla 5° elementare)se non addirittura alle superiori. Maria (o Valentina, permetti che ti dia del tu)non sei tu la diversa, o l’introversa asociale,e men che mai fallita.. tu hai esplorato e forse donato troppo te stessa al mondo della cultura, hai viaggiato attraverso le righe dei libri, ti sei dissetata del sapere profuso da scrittori, hai esplorato mondi antichi e viaggiato nel futuro… sono gli altri che si sono persi qualcosa, quel piacere di scoprire, capire, conoscere e, perchè no, sognare…un saluto caloroso. Antonio Mattera