LA NACCHERA SUL SOLE.
«So quanto siano pazzi i tifosi romanisti, ma sono preparato: voi non sapete quanto sono pazzo io»
(James Pallotta, 15 aprile 2011, Boston)
Il titolo, parafrasandolo, fa riferimento al romanzo di P.H. Dick “La svastica sul sole”, dove l’autore narra di un mondo distopico dove le sorti della II Guerra Mondiale sono state capovolte e regnano nazisti e giapponesi.
Per noi tifosi giallorossi sta accadendo qualcosa di simile, anzi.
Quel mondo distopico lo stiamo vivendo dal 14 aprile 2011.
Ma non stiamo leggendo le pagine di un romanzo, siamo il romanzo.
Me ne sono reso conto certamente, come uno che ingoi la famosa pillola del film Matrix, da quella maledetta/benedetta notte dell’anno scorso, quando eliminammo il Barcellona dalla Champions.
Già, il Barcellona.
Ecco perchè, le nacchere al posto della svastica.
La Spagna, che sovviene in ogni momento cruciale di questa realtà distopica, come un filo conduttore.
Il Barcellona, ma ancora prima, per prima, l’utopia Luis Enrique, Bojan (primo acquisto di un certo spessore, doveva essere il Messi spagnolo sbarcato a Roma), il nuovo mago proveniente da Siviglia (Andalusia, terra di flamenco e, quindi di nacchere), tale Monchi a insegnarci come si costruiscono team vincenti, poi il Barcellona che prima ti illude (Champions) e poi ti sveglia (Malcolm), e infine, mercoledì, il Real Madrid, già crocevia di una stagione nata male.
«Qui non c’è il cartello ‘si vende’, ma uno con scritto si vince»
(( Ramon Verdejo Monchi, 3 maggio 2017)
Non è la prima stagione a stelle e strisce nata così e non sarà l’ultima.
Siamo in un romanzo distopico che ci narra di lupetti spelacchiati che diventeranno principesse e regine di Europa, di stadi futuristici e utopistici che dovranno essere il nostro bancomat (ma intanto Napoli e Lazio hanno vinto piu’ di noi , in questo lasso di tempo, senza avere lo stadio), che il FPF sta a una società di calcio come il 3% sta ai vincoli europei.
Giocatori che appaiono e scompaiono come nei migliori spettacoli di illusionismo.
Passano gli anni e vedi andar via sempre i migliori pezzi, quelli che dovrebbero formare una ossatura, persino a campionato iniziato.
Di contro acquisti promettenti e sconosciuti giovani con la speranza che diventino un crack per poi rivenderli a peso d’oro (Marquinhos, Lamela), oppure l’usato sicuro alla fine del ciclo (Kolarov, Fazio) o che non ti serve (Pastore).
Certo, hai portato (con Sabatini) a Roma anche un certo Dzeko, sempre sia lodato, ma lui e l’oplita greco Manolas erano già belli e pronti con le valigie, non dimentichiamolo, passate in fretta e furia ad altri.
E’ il secondo anno che ti incarti su un esterno destro offensivo con piede sinistro, prima Mahrez e ora Malcolm, per poi acquistare tutto e il contrario di tutto, Schick e Nzonzi.
Società assente senza figure di spessore e allenatori scelti per aziendalismo sull’onda della ricerca effimera del nuovo (Luis Enrique, Garcia, Di Francesco) o sull’onda della paraculata sentimentalistica (Zeman e Spalletti), quando forse servirebbero, in poltrona e panca, ben altre figure, di quelle che ti appendono al muro e forse ti levano il vizio di bere ma non ti vendono a una diretta concorrente.
«Ci vediamo al Circo Massimo»
(Ramon Verdejo Monchi)
Il nostro mondo, e relativo futuro, distopico mi si rivelato quella notte col Barcellona dove, ubriachi fradici di un sogno che nessuno avrebbe mai avuto il coraggio di fare, si è consumato l’ennesimo inganno.
Lo avevo scritto all’andata, nessuno mi dette retta.
Da quella magica sera, si è partito dall’assunto che una squadra che ha giocato male una intera annata salvo sporadici casi (Chelsea, Barcellona), goduto di suicidi dove sei stato preso a pallonate (Napoli), salvata da un superportiere in stato di grazia (Atletico Madrid, e ¾ di campionato, dove i clean sheet li devi al portiere, non all’avversario che non è riuscito a tirare in porta) potesse essere smontata e rimontata come un puzzle.
La vittoria sul Barcellona ha nascosto la polvere sotto il tappeto di un campionato finito presto a 18 e 14 punti di distacco dalle prime due, fatto di 7 sconfitte in casa (6 in campionato, 1 in Coppa Italia) contro squadre non sempre straordinarie, di un eliminazione in Champios evitata per il piedone di Bruno Ceres al 95° contro lo Shaktar, altrimenti altro che sogno Barcellona.
Certo, in questi numeri erano presenti anche Naingollan, Alisson, Strootman, ma, a parte il portiere brasiliano (andato via anche e sopratutto per sua volontà, sintomo di come questa società non abbia appeal), l’olandese e il belga non erano certamente i maggiori colpevoli.
O almeno non piu’ di presunti romani e romanisti come Florenzi e Lorenzo Pellegrini, di mezzi giocatori come il Faraone e Perotti, di autentiche pippe come Juan Jesus, Defrel, di promesse mancate come Schick e Gerson, di meteore come Jonathan Silva e Moreno.
Usciti dal sogno distopico Strootman torna a essere un faro nel Marsiglia, Defrel a giocare, e quindi segnare, nel ruolo che sa purchè sia in un Sassuolo o Sampdoria, Naingollan a trascinare ( è quello che ha fatto sempre, salvo sporadiche occasioni, purtroppo letali) e perdere con l’Inter (quello che fa da tre anni a questa parte anche senza il belga), e Gerson, udite udite, gioca nel suo ruolo titolare a Firenze.
Persino Gervinho ci sbeffeggia in barba alla sua calvizie.
Se poi ci metti un allenatore talebano (piedi invertiti, 433 irrinuciabile, perchè?), connivente con le scelte della società ( Pastore, perchè? )per amore di questi colori, il romanzo distopico è bello che confezionato.
E il finale, statene certi, non è al Circo Massimo.
Al piu’, lì, Monchi, con DiFra e Pallotta, potrà deliziarci, a fine maggio con una bella giornata di sole come tante a Roma, con uno spettacolo di flamenco e nacchere.
Appunto.
La nacchera sul sole.
Avanti, adagio, Fanculo