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Integrazione dura e pura

Il terrorismo si combatte anche attraverso una ottimale integrazione.
Con diritti e doveri.

Una perfetta integrazione non passa attraverso ipocrite marcette e flaccidi slogan che lasciano il tempo che trovano.

Ma anche attraverso sacrifici.

Ad essere estremi potremmo dire che l’integrazione è come un atto sessuale dove ognuna delle parti sa cosa vuole e cosa deve fare per arrivate alla reciproca soddisfazione.

Altrimenti è solo  egoistica e gratuita violenza.

Ora, al tempo che stiamo vivendo,  è il momento però di aggiungerci qualcosa in più, una durezza che faccia apprezzare e curare tale l’integrazione da ambo le parti.

Gli ultimi attentati, effettuati da persone figli e nipoti di migranti, dimostrano che questo modello di integrazione, al di là della componente follia, non funziona.

È ora di responsabilizzarci tutti, sopratutto coloro che godono dell’integrazione.

Non possono più guardare al loro orticello se non in senso inverso, difendendolo dall’interno verso l’esterno.

Anche a scapito di denunciare i propri figli e nipoti.

Proprio per questo, per permettere che questo primo muro di omertà familiare cada, credo che, in caso di attentato risalente ad individui che abbiano conseguito cittadinanza da genitori migranti, oppure abbiano conseguito una radicalizzazione religiosa estranea all’ambito familiare, un primo provvedimento da adottare sia che le stesse famiglie di appartenenza debbano essere accusate di omessa denuncia e collaborazione ed espulse, senza se e senza ma, per tutto il primo grado di parentela.

Un genitore, un fratello, una sorella non può semplicimente dire “io non sapevo niente“.

Che ognuno guardi al suo orticello, quindi, però sorvegliandolo dal suo interno, e facendo in modo che la mela marcia non cada nel giardino altrui.

Se vogliamo una integrazione certa e possibile, e sopratutto accettata senza ipocrisie da ambo le parti, io devo essere sicuro che il mio vicino, di qualsiasi razza e religione, sia disposto a sacrificare ciò che ha di più prezioso per difendere il mio di caro.

Lo so, c’è chi ora mi accuserà di essere un fascistoide.

Ma vi assicuro che non lo sono, ma sono invece un genitore come quelli che hanno perso i loro figli in un concerto.

Siamo in guerra, se non lo avete ancora capito.
E a tempi duri si reagisce con leggi e comportamenti duri.

Il resto è fuffa fatta sulla pelle delle vittime.
Di ambo le parti.

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