L’Africa, il mare, le imbarcazioni, i morti.
Mancano le catene, almeno quelle di metallo.
Costretti oggi come ieri, anche se in forma diversa.
È passato qualche secolo.
Lo schiavismo però esiste sempre.
Ha lasciato da parte lo scudiscio e ha indossato l’abito edulcorato dell’ipocrisia.
No, lo schiavismo non è mai terminato.
Si è solo geneticamente modificato.
Prima si andava a prenderli, ora li abbiamo messi in condizione di gettarsi spontaneamente nelle nostre braccia.
Sono solo le catene che sono diventate maledettamente silenziose.
Non sentiamo più il tintinnare delle catene.
Questo basta per non farci ascoltare più le urla dei disperati prima che il mare le copra.
Questo basta per farci credere di aver donato una libertà che sa di marciapiede come letto, campi coltivati con il sangue e il sudore altrui, pensiline di stazione come residenza, fuochi vacui notturni per esporre la propria mercanzia.
Questo basta per impedirci di chiamare questa immane catastrofe umana con il suo vero nome: schiavismo.