“Il sisma non si può prevedere ma la meteorologia è una scienza che negli anni ha fatto passi da gigante. Che un’ondata di neve e gelo si sarebbe abbattuta nelle zone del Centro Sud si sapeva da giorni. Così si aspettavano a gennaio? Il solleone?”.
Parole e musica non mie, ma di Guido Bertolaso, non proprio l’ultimo arrivato.
E nemmeno forse il più immacolato.
Quello che sta succedendo nelle zone terremotate è indicativo di come questo paese non sia più capace non solo di gestire la straordinarietà degli avvenimenti, di per sé già difficile, ma nemmeno gli ordinari accadimenti.
Perché, checché se ne dica sulle nevicate formidabili di questi giorni, in quelle zone è mancata del tutto la prevenzione.
Perché quelle zone andavano trattate come straordinarie dall’inizio e bisognava considerare ordinario tutte le problematiche a divenire, considerandole nella stregua di un pessimismo cosmico.
Insomma, la neve da quelle parti non è un optional, sicuramente, ma, nelle condizioni disastrate nelle quali versano da fine agosto, era obbligatorio attrezzarsi per i tre metri di neve caduti oggi, e non sperare nei cinquanta centimetri di media annuale.
Come affermavano gli antichi Si vis pacem, para bellum («se vuoi la pace, prepara la guerra»).
E allora non ci saremmo trovati con ritardi degli aiuti, con mezzi senza gasolio, con spartineve senza conducenti, con un interruzione di energia elettrica che dura da quattro giorni.
Insomma, non avremmo dovuto avere emergenze nell’emergenza!
Qui non è un problema se destinare dei soldi al salvataggio di banche piuttosto che alle zone terremotate.
E non è nemmeno da chiedersi dove siano i soldi dell’sms solidale.
Sperarci era come puntare al bingo, lo sapevamo, diciamocela tutta.
E non è nemmeno il caso di parlare di ricostruzione, quando nemmeno le macerie sono state ancora trasportate via.
E che la gente non se ne sarebbe andata via, verso alloggi alberghieri al mare, era risaputo, un film già visto in altre sciagure, a torto o a ragione.
Qui bisogna parlare di uno Stato che ha bisogno di sette mesi per provvedere a degli alloggi che non siano tende, quando in altre parti d’Italia quelle casette sono già montate e utilizzabili, sia in loco sia per trasporto.
Qui bisogna parlare di una zona ad alta produttività agricola e di bestiame, e che forse, paradossalmente, prima che agli uomini, bisognava provvedere a quelle bestie che da sempre forniscono l’unico mezzo di guadagno per molte famiglie.
Qui bisogna parlare di uno Stato che si avvita sulla sua burocrazia, la crea ad arte e ne rimane prigioniero,ed è inutile rammentare che quella burocrazia è stata accettata di fatto con un “no” referendario.
Uno Stato talmente burocratico, e marcio in essa, che le casette le assegna con un sorteggio, e che , se ci provi tu a regalarla o a comprartela, te la getta a terra come opera abusiva!
Qui bisogna parlare di uno Stato che fa la parta offesa contro l’Europa (ah, come mi duole difenderla!), rea di aver inviato, nel giorno di nuove scosse di terremoto, una lettera in cui invita il nostro paese ad una nuova manovra economica, imponendole di rientrare da quel giochino economico che gli stessi vertici europei avevano accettato , per far buon viso e cattivo gioco alle manovre del pentolaro toscano.
Eppure erano stati avvertiti che la situazione era solo pro tempore, che serviva a dar aria al boccheggiante pesce toscano in vista del referendum.
Eppure il nostro governo sapeva che l’Europa ha già detto sì’ ad aiuti economici per le zone terremotate.
Ma può mai accettare, matrigna parca e severa, che tu spendi tutta la flessibilità che le hai richiesto per mancette elettorali, invece di un serio piano di sviluppo di questo paese?
Puoi mai pensare che all’Europa vadano bene 500 euro agli under 18, 80 euro ai lavoratori, e altre cazzate varie, tipo il Ponte sullo stretto, invece di mettere il tutto in un serio piano di previdenza del rischio idrogeologico che questo paese puntualmente subisce?
Il sisma non lo puoi prevedere, ma la neve sì.
E con essa il fango, gli acquazzoni, i fiumi che straripano, le montagne che crollano, le valanghe che si distaccano.
Ma noi non siamo abituati a farlo, sin da quel 9 ottobre 1963, dal Vajont.
Così come non siamo abituati a guardarci le nostre banche prime che collassino, nominando come amministratori gli stessi che le hanno affossate, ricompensandoli con buone uscite stratosferiche.
O le nostre industrie che chiudono o diventano serial killer, come l’Ilva a Taranto
E così banche e terremoti , industrie che collassano o inquinano, o alluvioni che devastano, diventano tutte calamità.
E la neve, direte voi?
Quello è solo un dannato orpello ad una incapacità manifesta.
Se sputi in cielo, ti torna in faccia, afferma un vecchio detto.
Anche sotto forma di fiocco, di questi tempi e con questo freddo.