Gigi Meroni, la farfalla dalle ali spezzate
Non siamo ancora negli anni ’70, ma se ci fosse arrivato, Gigi Meroni, ne sarebbe stato indiscutibilmente un assoluto protagonista.
In campo e fuori.
Non solo calcio, dribbling, goal e assist.
Quelli li profonde a piene mani, mai parco di un dribbling fulminante, mai sazio di un assist al bacio per Combin, mai scevro di giocate al limite dell’impossibile.
Gigi Meroni è molto altro ancora.
Il Best italiano
E’ un personaggio, estroso come lo è il suo calcio.
Forse porta la sua vita nel calcio, o il calcio nella sua vita, chissà!
Ascolta i Beatles e la musica jazz, dipinge quadri, legge libri e scrive poesie.
Convive nella “mansarda di Piazza Vittorio” insieme a Cristiana, la “bella tra le belle” dei Luna Park della quale si innamorò follemente tanto da presentarsi al matrimonio imposto dai genitori di lei per cercare di fermare la cerimonia.
Disegna lui stesso i vestiti che indossa sui modelli di quelli dei Beatles.
Viene bazzicato a passeggiare per Como portando al guinzaglio una gallina.
Ama fingersi giornalista e chiedere alla gente cosa pensa di Meroni, la giovane ala destra del Torino, e ride se la risposta è che non lo conoscono.
Il gran rifiuto
Agnelli cerca di portarlo alla Juventus offrendo l’incredibile cifra (per l’epoca) di mezzo miliardo, ma i tifosi granata, in rivolta, impediscono lo “scippo”.
Anticonformista per natura, in un epoca in cui tutta la nazione è tremendamente conservatrice, arriva a rifiutare la Nazionale di Fabbri che gli vuole imporre il taglio dei capelli.
Se la riprenderà e sarà tra gli sciagurati protagonisti del mondiale del 1966 in Inghilterra, quello della sconfitta contro i “Ridolini coreani”.
Ma lui quella partita non la gioca, mentre disputa le due precedenti andando a segno entrambe le volte.
Nonostante questo diventa il capo espiatorio della fallimentare spedizione azzurra.
Non gli viene perdonato niente, il dazio da pagare per quel suo esser “fuori dalle righe”.
Mai banale, neppure nella morte
E se nella vita non lo è, anche la morte non può esserle da meno.
Mai banale.
Muore tragicamente il 15 ottobre 1967, una domenica in cui il Toro si impone per 4 a 2 sulla Sampdoria.
Lui, insieme al suo compagno di squadra Fabrizio Poletti attraversa Corso Re Umberto, per andare a prendere un gelato.
È travolto dall’auto di un diciannovenne appena patentato.
Ironia della sorte l’investitore, Attilio Romero, è forse uno suoi più grandi tifosi.
E diventerà, anni dopo, presidente del Torino.
Gigi “la farfalla” (come era chiamato) muore la sera stessa per i gravi traumi riportati, assistito da Cristiana, dai familiari e dai suoi amici.
Anche lui, con la sua morte, passerà dalla storia alla leggenda, quella drammatica purtroppo, del Torino, incominciata con quello schianto a Superga.
Ai funerali partecipano migliaia di persone per colui che fu il giocatore più amato e nello stesso tempo odiato d’Italia.