1903. Roger Casement, un diplomatico irlandese al servizio di sua maestà britannica, viene inviato in missione nell’alto Congo.
Le notizie sui massacri perpetrati dai belgi sono insistenti. Alcuni commercianti europei hanno subito violenze. Il console scopre una verità agghiacciante al termine di un “viaggio all’inferno” durato tre mesi: da anni è in atto un genocidio, il primo del XX secolo.
Risale il Congo e raggiunge aree un tempo densamente popolate ora quasi del tutto disabitate. Annota ciò che vede, conta i sopravvissuti di tribù popolose, ascolta le testimonianze che descrivono i massacri, le mutilazioni, la riduzione in schiavitù, la criminale sottrazione di risorse in cambio di ridicole contropartite.
Al suo ritorno redige il Rapporto sul Congo presentato al parlamento britannico nel 1904. È un documento di eccezionale valore morale scritto da un uomo che è stato – come sottolinea il Premio Nobel Mario Vargas Llosa autore del “El sueño del celta” basato sulla figura di Casement – “uno dei primi europei ad aver avuto una chiara coscienza di cosa fosse realmente il colonialismo”.
Un orribile sopruso, dirà poi Conrad il cui Cuore di Tenebra fu ispirato anche dal Congo Report.