Nascita di una colonia
Nel 1885, in seguito a convenzioni fra le potenze europee del tempo, al monarca belga Leopoldo II vennero consegnate le terre esplorate da Stanley, l’antico regno del Congo.
Nasceva così il Libero stato del Congo che il parlamento belga riconobbe come proprietà «esclusiva» di Leopoldo II, senza gravami sui contribuenti belgi.
Il Libero stato del Congo non fu mai né libero né uno stato, ma un privato dominio che il monarca gestì senza alcun controllo, neppure da parte del governo belga.
Una terra e un popolo violentati
Tutta la terra non coltivata fu dichiarata proprietà dello stato (cioè del re), che aveva il monopolio assoluto sulle sue risorse di valore immediato (avorio e caucciù) e sui minerali del sottosuolo, il cui sfruttamento fu concesso a varie compagnie, con accordi di affitto per 99 anni.
La scoperta del processo di vulcanizzazione della gomma e il suo impiego industriale fecero di quella colonia uno dei più grandi serbatoi mondiali di questo prodotto fondamentale per l’industrializzazione dell’Occidente.
Ma occorreva mano d’opera per raccoglierlo e trasportarlo fino al mare.
Il problema fu subito risolto: tutti gli africani (ironicamente chiamati «cittadini») furono obbligati a raccogliere il caucciù senza alcun compenso e ogni villaggio doveva consegnare agli emissari del re-proprietario una certa quota del prezioso prodotto vegetale: chi si rifiutava, o consegnava quantità minori di quelle richieste, era punito duramente, fino alla mutilazione, persino alle donne erano tagliate le mammelle.
Spesso le compagnie organizzavano contro i villaggi spedizioni punitive nel corso delle quali – secondo il rapporto della commissione – uomini, donne e bambini venivano uccisi senza pietà. Con tali metodi le compagnie concessionarie e lo stesso Leopoldo intascarono decine di milioni.
Leon Auguste Theophile Rom
A fare il lavoro sporco erano circa 2.000 agenti bianchi, disseminati nei punti più importanti del paese: molti di essi erano malfamati in patria e malpagati in Congo e organizzati sotto il comando di Leon Rom
Léon Auguste Théophile Rom ebbe un ruolo importante nell’amministrazione dello Stato Libero del Congo.
Collezionista di teste, soprannominato “Il Macellaio del Congo”, egli ordinò la morte di oltre 10 milioni di africani. Le cronache dell’epoca riferiscono particolari agghiaccianti su di lui ad esempio che avesse fatto costruire dei patiboli di fronte alla stazione principale del Congo e che tenesse delle teste mozzate e impalate di schiavi giustiziati di fronte alla sua dimora.
Organizzò le sue milizie in modo tale che ogni agente comandasse un certo numero di nativi armati (capitani), presi da etnie diverse e dislocati nei singoli villaggi, per assicurare che la gente facesse il proprio dovere.
Se la quota era inferiore a quella stabilita, anche i «capitani» subivano fustigazioni o mutilazioni. Era il metodo del terrore, tanto efficace quanto diabolico.
E’ stato ipotizzato che Joseph Conrad si sia ispirato a lui per il personaggio di Kurtz del suo romanzo Cuore di tenebra.
È possibile però che l’abominevole Mistah Kurtz descritto da Conrad in “Cuore di tenebre“, eponimo di ogni orrore, abbia i caratteri anche di un altro criminale belga, Guillaume van Kerckhoven, comandante della famigerata Force Publique, conosciuto da Roger Casement nel 1887.
Costui gli aveva confidato, con tono ilare, di pagare la sua soldataglia al termine delle abituali rappresaglie sui nativi, 5 barrette d’ottone (¼ di franco belga) per ogni testa d’uomo che gli veniva mostrata.
Casement,che incontrò effettivamente Conrad, a quel tempo, era membro della spedizione organizzata da Henry Shelton Sanford per esplorare il fiume Congo a fini scientifici e commerciali.
Un genocidio mostruoso
In 23 anni di esistenza, nel libero stato del Congo morirono circa 10 milioni di persone, direttamente per la repressione o indirettamente per epidemie o fame, dovuta alla distruzione punitiva dei raccolti.
Fu un vero genocidio, in cui perì quasi metà della popolazione congolese, stimata a circa 20-25 milioni di abitanti nel 1880.
A ciò si aggiunga la caduta del tasso di natalità: un missionario giunto in Congo nel 1910 fu stupito dall’assenza quasi totale di bambini tra i 7 e i 14 anni, nati cioè tra il 1896 e il 1903, periodo in cui la raccolta di caucciù raggiunse il suo apice.
I “testimoni” del Congo
A far conoscere al mondo ciò che accadeva in Congo furono alcuni giornalisti, esploratori, missionari o diplomatici , i quali fecero nascere il primo movimento mondiale per la difesa dei diritti umani:
Tra loro ricordiamo Roger Casement, Edmund Morel, reporter e politico britannico che per primo indagò su ciò che accadeva in Congo; George Washington Williams e William Sheppard, due neri americani, il primo giornalista e il secondo predicatore cristiano, che smontarono la figura da filantropo di re Leopoldo, costringendolo a cedere il Congo al governo belga.
Nell’agosto del 1908, poco prima di cedere ufficialmente la propria colonia personale al governo del Belgio, Leopoldo II fece bruciare per otto giorni consecutivi la maggior parte dei suoi archivi.
«Regalerò ai belgi il mio Congo, ma non avranno diritto a sapere ciò che vi ho fatto», disse.
E, oltre alle carte ridotte in cenere, ridusse drasticamente al silenzio i testimoni scomodi.
Dobbiamo al loro lavoro compiuto, alle loro testimonianze, anche fotografiche, ai pericoli corsi se quel genocidio fu fermato e se oggi abbiamo memoria storica di esso.
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