Jean Pierre Adams, chi era?
Jean Pierre Adams era un calciatore francese.
E nemmeno tanto male, anzi!
Nato nel Senegal, ma cresciuto in Francia dove arriva a 10 anni adottato da una famiglia francese, con Marius Tresor costituì negli anni settanta la famosa garde noire, la guardia nera, cerniera centrale della nazionale francese.
E’, all’epoca, uno dei leader del Paris Saint Germain.
In Francia trova l’amore di tutta una vita.
Incontrò Bernadette a un ballo e nonostante i genitori di lei non vedessero di buon occhio un matrimonio con un uomo di colore, acconsentirono alle nozze.
Saranno, ad oggi, 46 anni di matrimonio.
Non sa ancora, quando la sposa, quando sia forte quella donna.
Forse spera solo, una volta abbandonato il calcio, di trascorrere con lei più tempo possibile, libero da allenamenti, trasferte, ritiri.
Il buio dietro l’angolo
Siamo al 1982, quando il roccioso difensore allora 34enne ex Paris Saint-Germain, ormai a fine carriera, viene sottoposto a un intervento chirurgico di routine per sistemare il ginocchio.
Sembra un ‘inezia, un avversario da marcare e annullare come tanti altri.
Se non fosse per il destino, avversario subdolo che si porta dietro alla linea di difesa di Jean Pierre per sfruttare la sua disattenzione e segnare un goal.
Quel giorno la maggior parte del personale dell’ospedale Édouard Herriot era in sciopero e i pochi in servizio avevano molti pazienti da curare contemporaneamente.
Jean-Pierre venne intubato male: l’anestesista e un tirocinante fecero molti errori, causandogli un arresto cardiaco. Il cervello rimase senza ossigeno per troppo tempo, subendo danni irreparabili.
A casa!
Da quel giorno, è in coma e dopo 15 mesi Bernadette se l’è riportato a casa. «Non sapevano come prendersi cura di lui. Così mi sono detta: “Tornerà a casa”», spiega alla Cnn.
La donna oggi ha 73 anni e Jean-Pierre 67 ma non demanda niente alle infermiere: «Lo vesto a letto e gli cambio gli abiti tutti i giorni, poi gli sistemo la stanza e gli metto il suo profumo preferito. Da un po’ di anni purtroppo la Paco Rabanne non lo produce più, ora gli compro Sauvage di Dior».
È sempre Bernadette che gli dà da mangiare, gli fa il bagno e lo gira per evitare piaghe da decubito.
Ma perché non lasciare i compiti più gravosi a qualcun altro? «A volte capita che resti fuori a dormire ma lui si accorge che non sono io ad occuparmi di lui. Me l’ha confessato l’infermiera, dice che lui non sembra lo stesso. Io penso che lui percepisca le cose. Credo che riconosca anche il suono della mia voce e a volte mi sembra che, magari solo per un istante, lui capisca quello che gli dico. Perché io gli parlo di tutto in continuazione».
No all’eutanasia
Bernadette riesce a sostenere i costi delle cure grazie all’indennizzo che il tribunale le ha riconosciuto dopo 12 anni di processo per gli errori commessi dall’ospedale. Inoltre, la lega francese e gli ex compagni di squadra hanno spesso organizzato partite benefiche per raccogliere fondi per aiutarla.
Non esistono foto di Jean Pierre che lo ritraggono durante questo suo lungo sonno.
Così ha voluto Bernadette, intransigente, solo protesa a difendere, per amore, l’immagine del marito.
Ha dei dubbi, Bernardette. Dubbi dovuti.
«Che cosa succederebbe se io morissi prima di lui? Resterebbe senza nessuno a prendersi cura di lui. Se non ci sono io, chi lo farà?», dice aggiungendo di non voler lasciare questo compito gravoso sulle spalle dei figli.
Gli chiedono se abbia mai pensato all’eutanasia, per il marito.
Lei guarda inorridita chi le fa tale domanda, ma risoluta risponde «Che cosa suggerite di fare? Di privarlo del cibo? Di lasciarlo morire poco a poco? No, no, no. Jean-Pierre è sempre stata una persona accattivante e ora ha bisogno di aiuto. Lui oggi è ancora vivo e questo è meraviglioso. E magari un giorno, con il progredire della scienza, potrà svegliarsi».
Dormi tranquillo, Jean Pierre.
C’è un angelo a difesa della tua area.
Non roccioso e fisico come te.
Ma altrettanto ferreo nella sua convinzione, nel suo amore verso di te.