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Deir Yassin

Il massacro di Deir Yassin ebbe luogo il 9 aprile 1948, quando circa 120 combattenti sionisti appartenenti all’Irgun e alla Lehi (comunemente nota come “banda Stern”) attaccarono il villaggio palestinese di Deir Yassin (Dayr Yāsīn, in arabo traslitterato), vicino Gerusalemme, che contava allora circa 600 abitanti.

L’organizzazione paramilitare Irgun, guidata da Menachem Begin, attaccò il villaggio arabo di Deir Yassin incontrando una strenua resistenza, che portò il reparto israeliano ad avere 41 feriti e 4 caduti.

Le stime sul numero delle vittime variano da 100-120 a circa 250, a seconda delle fonti.

L’assalto, concepito come parte dell’operazione Nahshon, aveva lo scopo di alleviare il blocco di Gerusalemme operato da forze arabo-palestinesi durante la guerra civile del 1947-48, che precedette la fine del mandato britannico in Palestina. Gli abitanti resistettero all’attacco, che si risolse in una lotta casa per casa e nell’uccisione di circa un centinaio di civili, tra cui donne e bambini, e nell’espulsione dei superstiti.

I paesani si svegliarono, in uno stato di confusione e paura cercarono di verificare cosa stava succedendo e si trovarono circondati da ogni parte da bande ebree. Gli ebrei approfittarono della paura e della disorganizzazione che regnavano per uccidere e mutilare persone prive di qualsiasi opportunità di difendersi.

Gli assassini non erano soddisfatti dei crimini che avevano commesso nel villaggio. Aggredirono le donne e le bambine sopravvissute e dopo avergli tolto tutti i vestiti, le fecero salire su veicoli aperti, portandole nude per le strade del quartiere ebreo di Gerusalemme, dove furono sottoposte alle beffe e agli insulti degli spettatori. Molti scattarono delle fotografie di queste donne.

Il crimine di Deir Yassin commosse il mondo, che chiese alla Croce Rossa Internazionale di accertare la verità. Il rappresentante della Croce Rossa, Jacques Reynier, chiese il permesso all’Agenzia Ebraica per visitare il luogo del massacro. La concessione di questo permesso ritardò 24 ore, mentre gli ebrei cercavano di cancellare le tracce dei loro crimini. Misero insieme tutto quello che potevano delle parti dei corpi mutilati delle vittime che erano sparsi, li gettarono nella cisterna del villaggio e la sigillarono.Fecero tutto il possibile per cancellare qualsiasi segno visibile che gli occhi del rappresentante della Croce Rossa potesse trovare. Tuttavia, visitando il luogo dei fatti, il rappresentante della Croce Rossa scoprì la cisterna e trovò centocinquanta corpi mutilati di bambini e donne. Poté solo esprimere il suo orrore, disgusto e spavento dichiarando che “la situazione era orribile”. Oltre ai corpi che aveva trovato nella cisterna, il rappresentante della Croce Rossa scoprì molti altri cadaveri sparsi per le stradine del paese e sotterrati sotto le macerie delle case distrutte. Reynier trovò sotto un mucchio di cadaveri una bambina di sei anni gravemente ferita, ma che non era ancora morta. Tirò fuori la bambina da sotto i resti umani e la portò con sé all’ospedale.

Il massacro fu duramente condannato dalla leadership dell’Haganah e da esponenti religiosi ebraici, ma non fu preso alcun provvedimento verso i responsabili. Pur trattandosi di uno soltanto tra i molti episodi simili avvenuti durante quel periodo, ebbe vasta risonanza e fu strumentalizzato nella propaganda di entrambe le parti

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