Nel blu tra il cielo e il mare è il nuovo libro della scrittrice americano-palestinese Susan Abulhawa (traduzione di Silvia Rota Sperti, Feltrinelli 2015). Forse non è un capovaloro letterario, ma sicuramente è un libro necessario, perché è ambientato a Gaza.
Il romanzo, raccontato dalla voce del misterioso Khaled, prende le mosse da Beit Daras, un placido paesino rurale della Palestina meridionale, poco lontano dalla Striscia di Gaza. La storia si apre negli anni quaranta con le vicende della famiglia Baraka, composta dall’anziana Umm Mamduh e i suoi tre figli, Mariam, Nazmiyeh e il piccolo Mamduh. Nel paese la famiglia è temuta e rispettata perché si crede che Umm Mamduh comunichi con il mondo dei ginn, gli spiriti o geni della tradizione araba, e che il ginn in esilio Sulayman sia il loro protettore.Ma la vera protagonista del libro è l’instancabile vitalità degli abitanti di Gaza, e
questo lo rende una lettura necessaria: ci ricorda che nella Striscia non ci sono solo guerra e morte, ma anche nascite, feste, grigliate sul mare, e bambini che giocano e sognano un futuro.
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