Vittorio Arrigoni

In memoria di Vik

Chiunque ha dei modelli.O almeno credo.

Io i miei li ho sempre cercati un po’“particolari”.

Vittorio Arrigoni è sempre stato questo, per me. Un modello da seguire, anche se completamente diverso da me per molti fattori.
Lui amava la pace attraverso la giustizia ad ogni costo,io amo la giustizia e con essa la pace attraverso ogni mezzo. Eppure, se ho un grande rimpianto è quello di non essere come lui, di non essermi minimamente avvicinato a ciò che ha fatto lui. Di non credere, forse, in certe cose pienamente come lui. Mica facile , però! Per questo è un modello per me. Perché è li ad indicarmi una via, lasciandomi libero però di deviare da essa,per raggiungere la medesima meta.
E il suo insegnamento mi fa capire meglio i miei errori, mi rafforza nelle scelte, mi fa temere il buio della mente e amare la luce delle idee. Una luce che si fa strada anche nel buio più tenebroso come in quella giornata del 15 aprile 2011: sapere della sua morte fu un colpo, per chi, come me, già da qualche tempo seguiva i reportage, dalla tormentata Gaza, di questo giovane,dal fisico prestante, il cappello da guascone, il filo di barba e la pipa. Sembrava non reale, un personaggio nato dalla fantasia e dalle matite di Hugo Pratt, l’autore di Corto Maltese per intenderci. Eppure era già là, in quella terra martoriata quale è la Palestina, dopo altre esperienze in altre parti del mondo, in carne e ossa, nell’età in cui molti suoi coetanei il massimo dell’impegno lo mostrano nel fare la fila, di notte, fuori un negozio di elettronica per l’ultimo ritrovato tecnologico. In un ‘età in cui gli altri stanno a sbronzarsi in discoteca e a rischiare la loro vita sulla strada del ritorno a casa, lui, il Vik, aveva deciso di sbronzarsi del dolore, della paura, delle lacrime altrui. E la sua vita la rischiava, ogni giorno, per davvero, non per capriccio. La rischiava quando cercava di difendere i pescatori palestinesi facendo da scudo contro le motovedette israeliane. La rischiava nel soccorrere i feriti durante i bombardamenti, oppure filmando in diretta scuole, ospedali, ambulanze che saltavano in aria o cecchini che decidevano di espletare il potere di vita o di morte su chiunque. La rischiava testimoniando in diretta, dal vivo, come testimone, il dolore delle persone, il pianto dei bambini, la speranza offuscata negli occhi degli anziani, il lutto di madri, padri, figli. La rischiava, conscio di farlo, ogni volta che cercava di raccontare una verità, non la sua, ma l’unica che fosse reale. Una verità che urlava a modo suo, con i suoi toni pacati, sornioni, quasi disincantati e ironici per scuotere, svegliare un opinione pubblica tremebonda e intorpidita come al solito quando c’è da affrontare determinati argomenti. Come suo testamento ha lasciato una frase, tradotta poi in libro,“Restiamo umani” che chiudeva ogni suo reportage. In questa frase c’è tutto lo spirito di Vik, tutta la sua capacità di essere equidistante nel giudizio pur riuscendo a definire chi ha torto e chi ha ragione. C’è tutto il suo modo di essere, il suo appello, il suo insegnamento. C’è tutta la differenza con me, e il motivo per il quale ,più di ogni altra cosa, sento di ringraziarlo. E’ per questo che è diventato per me un modello da seguire. Perché in fondo lui riempiva le mie, di lacune. Le mie e di quanti altri come me che possono solo sognarsela una vita come la sua, mentre lui l’ha vissuta, breve ma intensa,trasformandola in un idea. E le idee non muoiono, ma sopravvivono alla morte fisica diventando un simbolo, un talismano potente. Per me, per altri, per gli oppressi di tutto il mondo, non solo palestinesi. Perché, finché ci sarà un Vik qualunque, qualsiasi vittima di qualsiasi guerra,qualsiasi sorpruso, avrà la sua voce per denunciare, i suoi occhi per testimoniare, le sue orecchie per essere ascoltato, affinché non possa essere mai essere lasciata sola. Io posso solo ringraziarlo per i suoi insegnamenti, da vivo e anche da morto. E mi piace pensare che lui ora sia lì, in un luogo senza tempo, e possa leggere queste righe, magari insieme a Angelo Frammartino, Rachel Corrie e Tom Hundall, altra “gioventù bruciata” dal fuoco sacro della giustizia e della pace. Penso che Vik farebbe una tirata dalla sua pipa, un sorriso dei suoi e un cenno di assenso col capo. Così come gli eroi dei fumetti. Perché lui era fatto così, un eroe con il prefisso “anti”, un personaggio proprio alla Hugo Pratt.

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