La meglio gioventu’
Matteo Renzi , colui che era stato chiamato a riformare una classe politica ottuagenaria negli intenti prima ancora che nell’età , è stato un po’ un predestinato : non è da tutti diventare presidente della Provincia a 29 anni, sindaco di una città capoluogo di regione a 34, a 39 detentore della poltrona di palazzo Chigi, strappando il record di presidente del Consiglio più giovane a Giovanni Goria.
E il destino ha voluto che il premier più giovane della storia della Repubblica italiana sia stato rottamato dai giovani.
Forse il destino, ma non il caso.
O forse ancora i suoi macroscopici errori, uniti ad una megalomane arroganza, dove ha confuso la sua abilità dialettica nell’arte dell’abbindolo con le parole, dove ha barattato la sua capacità di ironizzare con lo scherno sistematicamente offensivo dei suoi interlocutori, dove ha rottamato non più le persone, ma le istituzioni aggirando gli ostacoli con voti di fiducia.
Dicevamo i giovani: proprio quelli della fascia tra i 18 e i 35 anni, quelli più vicini alla sua generazione o quella appena precedente, lo hanno bocciato clamorosamente.
Il risultato è eclatante! L’80% dei giovani gli ha sbattuto porte, riforma e voto in faccia!
Alto il numero di giovani che è andato a votare, e che fa ben sperare per il futuro di questa nazione.
Giovani che in passato sono stati definiti “bamboccioni”, che sono stati accusati di lassismo, incapaci di dedicarsi ad altro che non sia la fila per l’acquisto di un nuovo smartphone.
«Un derby tra Gattopardo e innovazione», così il leader dem aveva definito il referendum, facendo leva sulla voglia di cambiamento che, soprattutto le nuove generazioni, sentono da sempre, tritate nei loro sogni.
Quei stessi giovani che Renzi ha cercato di ammansire con i 500 euro del “bonus cultura” e con altre questue che non affrontavano i veri problemi della nuova generazione.
E pensare che una vecchia volpe come Massimo D’Alema, appena ad ottobre 2016, lo aveva avvertito:
“Renzi parla a nome di una gioventù che non lo segue. I giovani votano “No”. Votano “Sì” solo le persone molto anziane forse anche perché hanno maggiore difficoltà a comprendere questa riforma sbagliata”.
Che sia più o meno bravo profeta, o che abbia tirato ad indovinare, il vecchio navigatore della politica italiana ci ha azzeccato, tant’è che il Sì ha sfondato soprattutto fra gli over 55.
Perché i giovani gli hanno voltato le spalle, a Matteo Renzi e alla sua squadra che pur aveva dentro altri elementi generazionali nuovi, come la Maida e la Boschi?
Forse la risposta è in un altro dato, assai importante, a mio parere: dove il Sì ha vinto, tipo Milano, ha vinto nel centro della città, cioè nella parte benestante, ma non in periferia, dove degrado e povertà sono afferrate a piene mani.
Oppure ha vinto in Trentino, regione a statuto speciale, in condizioni economiche buone.
In generale, nei 100 con meno disoccupati vince il Sì con il 59%, nei 100 comuni con più disoccupati il No vince con il 65,8%.
La chiave del rifiuto della nostra gioventù ad un premier giovane d’ètà, ma vecchio nelle sue visioni politiche e nei suoi reali interlocutori, cioè banchieri, finanzieri, imprenditori, poteri politici, è nell’abbinato tra il gap generazionale e la disoccupazione.
Disoccupazione che, proprio a livello giovanile, ha superato ogni record, benché si sbandieri, a vanvera, più assunzioni.
A Renzi, alla Boschi, alla Maida e quanti altri è stato sbattuto in faccia la mancanza di serie politiche per il lavoro, che non sono sicuramente state quelle costruite a favore solo della classe imprenditrice, in cambio di perdite di diritti e di mezzi subdoli come il voucher.
Giovani che hanno visto lo stato sociale dei lavoratori toccato, anche sulla loro pelle, con un aumento del precariato esponenziale.
E di fatto hanno percepito apertamente che il loro futuro veniva minacciato.
Un futuro fatto non solo dall’impossibilità di una vita normale, con una famiglia, una casa, tutte cose che si raggiungono soprattutto con un lavoro dignitoso e retribuito il giusto, ma persino nell’idea di ciò che sarebbe avvenuto dopo l’esperienza lavorativa.
A questi giovani , eternamente condannati nel limbo fra disoccupati o precariati, con una minima speranza di poter ottenere, in futuro, diritti sociali come la pensione, gli è stata balenata persino l’idea che, al pari dei loro genitori, potessero accendere un mutuo per godere di tali diritti, che la legge Fornero già aveva tranciato!
Non ci vuole molto a farne una somma algebrica: non trovo lavoro, sono precario, dove accade mi contrattualizzano al ribasso; quali speranze ho , allorché, insieme alla mia giovinezza, andranno via pure le mie forze, di poter accedere ad un sussidio pensionistico che mi permetta di sopravvivere?
Giovani che difficilmente accetteranno che le parole “sicurezza” e “stabilità”, applicate al lavoro (posto invece al primo posto nella Costituzione che tanto si voleva cambiare), siano considerate retrò e fuori moda da una classe politica incapace e succube di altri poteri.
E per quei giovani che il lavoro è ancora un problema futuro, perché impegnati nell’apprendimento scolastico, cosa ha mai offerto questo governo?
La “buona scuola”, che si è rivelata una “buona sola” alla moda di Totò e Peppino?
Con gli sgravi fiscali per le paritarie, che sono uno schiaffo alla concezione laica della stessa Istituzione e un regalo alle lobby del privato?
Un sistema edilizio da curare che non è mai realmente partito?
Perché tutto il mondo della scuola, studenti in testa,si è dovuto unire contro le politiche di un Governo pensando che, con il ddl Buona Scuola, la scuola italiana si sarebbe trasformata in un luogo autoritario e aumenterà le diseguaglianze?
Anche qui l’arroganza dell’imbonitore Renzi fece la sua parte “E’ un derby tra chi fa e chi si crogiola in protesta”.
Allora tutti matti, studenti, docenti, personale?
Oppure l’ennesima dimostrazione dello scollamento di questo individuo fra la realtà di un paese e la sua megalomania di comando?
I giovani.
Da quell’80% deve ripartire questo paese.
Una percentuale altissima che ha dimostrato di non essere “bamboccione”, di non essere apàtica alle vicende nazionali, di non essere succube di poteri ingiusti, di volersi ribellare ad un futuro che non può essere accettato, non senza combattere e urlare la propria rabbia.
L’Italia ha ancora la sua “meglio gioventù”, e stavolta non è solo il titolo di un film, anche se è stato un eccellente successo .
La nostra “meglio gioventù“, dal 4 dicembre, è una forza viva, vitale, capace di esprimere il proprio pensiero, che va incanalata nella giusta direzione di una nuova visione politica e sociale di questa povera nazione.
E’ fatta di quei ragazzi e ragazze che discutono di riforme, esprimono pensieri, prendono parte alla vita politica e sociale di questo paese. Votano.
Non sono quelli che distruggono auto, vetrine, attaccano le forze dell’ordine, imbrattano mura.
Sta però a noi non farli diventare tali.
Guai a non comprenderla, guai a deluderla, guai a non farci guida e, al contempo, farci guidare da loro, accompagnandoli in un giusto percorso che sia un mix fra la nostra esperienza del passato e le loro giuste attese nel presente.
Insieme potremmo costruire il futuro.