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Notre Dame brucia. Anche il resto del mondo.

Eh, lo so, ecco il solito bastian contrario, mi direte.
Son fatto così, però, e alcune  cose non me le tengo dentro.

8/10/2018: Indonesia, 1700 morti e più′ di 5000 dispersi il bilancio del terremoto e dello tsunami che hanno colpito la parte centrale dell’isola indonesiana di Sulawesi.
17/03/2019 Inondazioni in Indonesia: oltre 50 morti e migliaia di sfollati
2/4/2019 In Iran almeno 45 persone sono morte nelle ultime due settimane a causa delle forti piogge e delle conseguenti alluvioni.
Dal 30/3/2018 al 5/3/2019 : Gaza, 256 morti e 29.382 feriti, di cui 15.528 ospedalizzati.
Tra le vittime:49 bambini,6 donne,1 anzianonotre dame2

L’elenco potrebbe continuare e essere ampliato, anche solo facendo riferimento all’arco temporale dell’ultimo anno.

Questo per dire che Notre Dame e il suo incendio colpiscono sicuramente, e giustamente, l’immaginario collettivo per il simbolismo storico e la fama del luogo.

Sulawesi, Gaza, l’Iran no, perché forse addirittura incapaci di indicarli, con un ditino, sul mappamondo.

Notre Dame, però, al di là del simbolo, è pietra resa arte, storia, patrimonio, dall’uomo.
E come tale può, deve, sarà ricostruita come altre volte le è capitato nella sua storia (durante la rivoluzione Francese fu devastata dall’uomo e addirittura ci fu chi pensò di acquistarla per demolirla).notre dame1

Correranno, per ricostruirla, fiumi di sottoscrizioni e donazioni; spontanee e commosse elargizioni e calcolate sponsorizzazioni, tutti vorranno mettere, anche idealmente, la loro firma sulla rinascita.

Carne, ossa, sangue no, queste sono cose che, una volta spezzate, non possono essere ricostruite.

Non ho sentito «Je suis chichessia», oppure «Oh no, non ancora sempre gli stessi», ne tanto meno «Allez Gaza, Sulawesi, Iran», quando tante piccole Notre Dame – così erano considerate per chi ci abitava, ci lavorava, ci cresceva, ci moriva- in termini di case, edifici, scuole venivano spazzate dalla furia della natura oppure dall’imbecillità dell’uomo.

Questi corpi, le anime e le mura, a differenza di Notre Dame, non troveranno chi sarà interessato a curarli e ricostruirli.
Troppa spesa, poca resa.

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Intendiamoci, nessuno nega ad altri di essere tremendamente colpiti da quanto accaduto a uno dei simboli della storia e dell’ingegno dell’uomo.

Quella guglia che crolla ci rende tutti un po’ più poveri.
Di storia, cultura, di sentimenti.

Quelle ossa spezzate, quella carne martirizzata, quelle vite distrutte dalla perdita di cari e cose, appartengono a noi, perché nessun uomo è un isola.
Tutti gli uomini, però, dovrebbero, almeno una volta, sentirsi Sulawesi.

Detto ciò, il crepitio di quelle fiamme che ognuno di noi propaga attraverso le proprie emozioni nel sentirsi dolorosamente coinvolto è, invero, inversamente proporzionale al gelido ghiaccio della nostra indifferenza in molte altre occasioni.

“Le calamità sono di due specie: la disgrazia che capita a noi, e la fortuna che capita agli altri.”
(Ambrose Gwinnett Bierc)
Avanti, adagio e forza a tutte le Notre Dame del mondo.

 

 

 

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