LA MELASSA DI BOSTON
Chi conosce Boston sa che essa è una città per ricchi concimata da poveri.
Gente avvizzita, emaciata, abbruttita dall’uso di bevande torci budella, che si contende un cartone come coperta oppure un posto vicino a un fuoco come casa.
Si dice che a Boston non si possano distinguere i topi dai senza tetto.
Errato.
I topi, almeno loro, mangiano ogni giorno, fosse anche un senza tetto morto assiderato in notti fredde e nevose come solo Boston sa regalarsi.
E, se anche fosse che qualche topo finisce per essere pietanza per un poveraccio, non è quest’uomo per strada comunque ad essere, a Boston, in cima alla catena alimentare.
Il netto divario del campionario umano è rappresentato dai ristoranti di classe di Back Bay e i bidoni della immondizia della zona portuale del North End e di tanti altri sobborghi.
A Boston, nei sobborghi e nei quartieri, le temperature sono sempre più basse, rispetto alla costa.
E Boston è anche una delle città americane, e non solo, più inquinate.
Negli inverni dei giorni nostri nuvole di colore più chiaro, quasi giallastro, indicanti un limite di condensazione molto più basso, preannunciano neve.
Il giallo è dovuto alle particelle di smog.
Particelle invisibili, leggere a sufficienza per salire in alto, molto in alto, anche se più spesse del vapore acqueo, e che riflettono il micidiale cocktail di effluvi di ozono, polveri sottili, biossido di azoto, biossido di zolfo, monossido di carbonio che ci sovrasta.
Forse sarà questo miscuglio di veleni a far sentire, a volte, uno strano odore dolciastro.
Melassa, odore di melassa!
Da qui, da questa percezione, incomincia questa storia maledetta, quasi assurda, una storia che, come al solito, colpisce i quartieri più poveri.
Sapete a cosa serve la melassa?
Dalla sua distillazione si produce rum e persino la vodka.
Era usata anche per fabbricare munizioni.
Forse non sapete che uno dei Padri Fondatori degli Stati Uniti d’America, John Adams, ebbe a dire “Non so perché dovremmo arrossire confessando che la melassa fu un ingrediente essenziale nell’Indipendenza Americana. Molti grandi eventi sono nati da cause ben più piccole”
Torniamo alla nostra storia maledetta.
Siamo al 15 gennaio 1919
A Boston, nel sobborgo del North End, c’era uno dei più grandi depositi di melassa.
Un serbatoio enorme di 15 metri d’altezza e 27 metri di diametro, contenente più di 8.700.000 litri.
Qualche giorno prima, era arrivato un carico di melassa calda che si andò a mescolare con la melassa fredda già presente nel serbatoio.
Il mescolamento delle due melasse produsse fermentazione, gas.
Inutili furono gli avvertimenti di un dirigente della struttura, un certo Isaac Gonzalez, che sentiva da giorni strani scricchiolii e rumori.
Il 15 gennaio 1919, alle 12.41 il serbatoio collassò.
Le pareti non ressero la pressione della melassa e dei gas creatisi dalla fermentazione, le giunture tra i pannelli di acciaio saltarono e 8,5 milioni di litri di liquido viscoso fuoriuscirono con un boato in tutte le direzioni, creando un’ondata alta più di sette metri, larga cinquanta e che viaggiava a cinquanta chilometri l’ora.
La marea di melassa spazzò tutto ciò che incontrò sulla sua strada, per centinaia di metri dell’affollata Commercial Street, la via più importante del North End.
Travolse case, capannoni, automobili, la stazione della Atlantic Pacific, facendo deragliare un treno.
Una stazione dei pompieri venne sradicata dalle fondamenta e quasi gettata nell’acqua.
Alcuni bambini che stavano raccogliendo legname da ardere ai piedi della struttura furono sommersi.
Vi furono più di 21 morti e 150 feriti.
Il cadavere di un italiano venne ritrovato solo dieci anni dopo.
Un’ora dopo, con le temperature fredde, la melassa incominciò a seccarsi, racchiudendo, come un macabro feretro, corpi di persone e animali.
Un odore dolciastro, come quello che, in certi momenti, si avverte ancora ora, si diffuse per l’aria e rimase per anni.E
Per ripulire la zona della città coinvolta dalla tragedia occorsero circa 87.000 ore di lavoro in 6 mesi!
Il perito nominato dal tribunale ritenne responsabile, dopo tre anni di udienze, l’USIA (United States Industrial Alcohol Company), proprietaria del sito di stoccaggio
La compagnia dovette pagare 600.000 dollari per la composizione extragiudiziale (corrispondenti a circa 6,6 milioni di dollari di oggi)
Ecco, dopo aver letto questa storia, se vi dovesse capitare di trovarvi in un sobborgo di Boston, e di di notare questo odore, beh siate pure convinti che non è tutto frutto di fantasia.