IL PORTIERE NORMALE, L’UOMO CAMPIONE
«Avevo 20 anni quando, titolare del Brescia in serie B, visitai per la prima volta un centro per disabili distrofici. Mi impressionò la loro emarginazione, il menefreghismo della gente. Mi sono specializzato nello studio dei problemi motori dei bambini e col primo ingaggio ho aperto Era 77. Offrivamo terapie gratuite»
Ci sono, nel mondo dello sport, campioni che fanno fatica ad essere uomini, e uomini che non sanno di essere campioni.
Nella vita.
Astutillo Malgioglio appartiene alla seconda specie.
Giocava a calcio a cavallo tra gli anni ’80 e i ’90.
Una carriera spesa tra Brescia, Pistoiese , la Roma di Liedholm finalista di Coppa Campioni e di Ericksson, la Lazio e l’Inter di Trapattoni con cui vince scudetto e coppa UEFA, per terminare all’Atalanta.
Quasi sempre da dodicesimo, in un periodo nel quale essere il portiere “di riserva” era un ruolo non facile, poche occasioni per mettersi in mostra e quindi eventuali gol presi erano ancora di più sotto la lente di ingrandimento della critica, giornalistica e del tifo.
Malgioglio, diciamolo subito, non è un supereroe tra i pali, ma nella vita sì.
Al contrario di tanti suoi colleghi, di ieri e di oggi, non perde la bussola dietro lauti compensi e gloria effimera.
Ma impiega il suo mestiere, i suoi guadagni, la sua fortuna di appartenere a un mondo dorato, per aiutare chi è stato segnato dalla vita, quei bambini distrofici il cui mondo ha conosciuto nel 1977.
Apre a Piacenza un centro, Era77 (acronimo dei nomi di sua figlia, Elena, Raffaella sua moglie e il suo), per il loro recupero motorio, acquista a spese sue macchinari e offre cure gratuite.
Si laurea in Medicina.
Un antieroe per eccellenza nel mondo del calcio, dove non tutti, compagni, tifosi , dirigenti e giornalisti, lo comprendono.
LE OFFESE, LO SPUTO, LA RINASCITA
Anzi , alcuni lo accusano di dedicarsi troppo alla disabilità degli altri che alla, a lui richiesta, sua abilità di guardiano dei pali.
A Roma, sponda Lazio, paga questo e la sua passata appartenenza ai colori giallorossi.
” Se pensi ai tuoi amici handiccappati, quando pensi alla Lazio?” è il refrain piu’ corrente.
Gli minacciano, i tifosi laziali, moglie e figlia, lo insultano con cori e striscioni (fatidico quello che recita “Tornatene dai tuoi mostri“), gli “rigano” l’auto.
Fino a che, una domenica, a Astutillo, insolita, coraggiosa e bella figura di uomo prima che di portiere, non saltano i nervi.
Gioca forse da schifo (2 gol sono due sue “papere) e la Lazio ne prende 4 dal Vicenza all’Olimpico.
I tifosi non gli perdonano nulla e lo insultano.
O, per meglio dire, insultano i “suoi”disabili, quel mondo sfortunato, attraverso di lui.
Astutillo, anima generosa e nobile, ma per questo anche troppo, a volte, indifesa e sensibile, si toglie la maglia, vi sputa sopra, la getta a terra e la calpesta.
È il putiferio!
Ha contro i tifosi, i compagni e la società.
Ma Astutillo è un ” hombre vertical”, definizione coniata da Luis Enrique anni dopo per definire gli uomini tutti di un pezzo.
Non aspetta la fine del campionato e rescinde il contratto.
Sembra la fine della sua carriera.
E sarebbe così se non lo chiamasse un altro “hombre vertical”, quel Giovanni Trapattoni che sta per costruire l’Inter dei record.
Malgioglio deve fare il secondo a un mostro sacro come Walter Zenga.
Poche occasioni per giocare e in una di queste il destino gli mette di nuovo di fronte la Lazio.
Prima della partita decide di andare sotto la curva laziale, con un mazzo di fiori, per chiedere perdono e offrire le sue scuse ai suoi ex tifosi.
Niente da fare, di nuovo insulti e minacce, accompagnate dal lancio di bottiglie, accendini, monete e via dicendo.
Un vero e proprio tiro a segno con il soldato Malgioglio ferito a sangue, non solo nell’anima, ma anche nel corpo, fisicamente,al volto, fra l’indifferenza di compagni, avversari e arbitro.
POCHE GIOIE, MOLTI DOLORI
A Astutillo frega il giusto che quei tifosi non abbiano capito.
Gli preme più che altri capiscano che oltre al calcio c’è anche di più, un mondo di dolore che ha bisogno di aiuto.
E a chi chiedere aiuto se non ad altri fortunati come lui?
Anche qui, a qualche carezza, aggiunge la solita dose di schiaffi che un supereroe deve mettere in conto.
Dopo tutto Hulk, l’Uomo Ragno e altri supereroi salvano il mondo ma vengono anche considerati ” mostri”, ” anormali”.
Figurarsi Astutillo che poi non è che il supereroe lo fa anche, e sopratutto, fra i pali.
Può trovare Liedholm e Ericksson che convincono il presidente della Roma, Dino Viola, a prestargli la palestra di Trigoria per seguire i suoi sfortunati amici.
Può trovare il teutonico campione Jurgen Klinsmann che un giorno lo segue per capire cosa fa quel suo strano compagno di squadra, e gli stacca un assegno di 70 milioni seduta stante, colpito da quel mondo di sofferenza.
Ma trova anche l’ipocrisia di un mondo intero del calcio, allorché la FIGC organizza una colletta per aiutare Astutillo a perseguire i suoi obiettivi.
In un mondo fatto di contratti principeschi, auto di lusso, vacanze da VIP, lussi e sfarzi di ogni genere, si riescono a raccogliere solo 700mila lire!
Attenzione, lire ho scritto, non euro!
Quando Malgioglio si ritira è ancor più solo, dimenticato, ignorato e mantenere i superpoteri è sempre più difficile.
Va in depressione, ha problemi economici e il suo centro deve chiudere.
IL SUPEREROE PUO’ MORIRE, L’UOMO NO
Affronta momenti difficili, aiutato solo dalla inseparabile moglie Raffaella, dalla sua fede e dal’amore verso il più debole.
Oggi lavora sempre per i disabili, quando può ( un male lo costringe a riguardarsi) a domicilio perché «È vero, ho sempre usato le mani. E continuo a farlo. In campo come portiere e fuori: stando in mezzo alla gente che soffre, dando tutto me stesso. Perché, come dice il mio padre spirituale, le mani bisogna sporcarsele, mettendole anche nella m…».
Astutillo Malgioglio forse non sarà stato un campione nello sport.
Ma nella vita sì, un supereroe umano, con pochi poteri e molte debolezze.
Non al cuore, però.
Un campione, nella vita.
Per campione intendevo dire che non sarà ricordato come uno Zoff o un Albertosi, uno Zenga o finanche un Castellini o un Tancredi. Lo è campione ma per altri versi, e mi par di aver ben specificato come le tifoserie siano state ignobili nei suoi confronti e nei confronti di quelli meno fortunati che Astutillo cercava di aiutare.
per me malgioglio e una persona immenza lo vorrei conoscerlo di persona
Ciao Tito, io sono uno dei tanti ex-bambini a cui facevi calciare i rigori al Sussidiario di Pistoia durante i tuoi divertenti ma impegnativi allenamenti. Ti ricorderò sempre con tanto amore, passione e generosità. Ti voglio bene