asia

Io non sto con Asia Argento. E le altre.

IO NON STO CON ASIA. E CON LE ALTRE.

http://www.huffingtonpost.it/2017/10/21/asia-argento-querela-gli-ospiti-di-porta-a-porta-e-il-suo-avvocato-vaglia-le-dichiarazioni-di-sgarbi_a_23250985/?ref=fbpr

Punto primo: deprecabile ogni forma di violenza o sottomissione alle quali una donna sarebbe costretta, da qui non si trascende.

Punto secondo: c’è per l’appunto un ” sarebbe costretta”.

Mi dispiace ripeterlo e sembrare sessista ma la cara Asia, come le sue colleghe d’oltreoceano, ci hanno messo un po’ di tempo ( e di soldi, fama, gloria, ville e lusso) per accorgersi che forse non sono “state costrette” ma “si sono costrette”.

Non stiamo parlando di donne costrette dai morsi della fame a subire odiosi ricatti.

Stiamo parlando di donne che, deliberatamente, per inseguire un sogno, una carriera (perché di questo parliamo) decidono di sottostare, spontaneamente (anche solo non denunciando una violenza subita) ai pruriti dello stronzo di turno.

Ma domandiamoci quale sia il prezzo giusto da pagare per inseguire un sogno.

In tal caso, la figliol prodiga di casa Argento e altre sue colleghe hanno deciso di  pagare con una moneta difficilmente quantificabile: la dignità.

Quella dignità che ti permette di alzarti dalla sedia e sbattere la porta dello studio del  produttore, rinunciare alla visita dell’attico dell’attore famoso, dire “grazie,no!” all’invito sullo yacht del regista.

Se proprio non gli vuoi persino mollare un ceffone e finirla là, una volta e per tutte.

Quella dignità che qualcuno baratta, per disperazione,  per un piatto a tavola per i figli affamati e ci può stare, anche se non è mai giusto.

Ma non venitemi a dire che è quantificabile, la sua perdita, con chi decide di “sfondare” nel cinema ad ogni costo.

Quella dignità che milioni di oneste lavoratrici nelle fabbriche di tutto il mondo dimostrano quando abbandonano o accettano, per aiutare le loro famiglie posti di lavoro con salari da pena e orari massacranti.

E magari conditi da altrettante richieste di prestazioni “fuori contratto”.

Miriana Trevisan, una delle veline di Striscia La Notizia, dichiara di aver fatto esattamente il contrario, di aver sbattuto quelle porte, rinunciato a quelle cene, eluso quei ammiccanti inviti.

Si dichiara un aliena in quel mondo.

Forse lo è davvero.

Io in questa faccenda ci vedo due mostri: il primo, il più orribile, il produttore, il regista, l’attore che abusa della sua posizione.

E il suo complice, l’attrice disposta a sopportare  tutto  prima salvo poi pentirsene dopo.

Che nemmeno per un momento ha pensato che denunciare  ( e rinunciare a qualcosa) prima avrebbe salvato, forse, altre donne  come lei dopo.

Hanno semplicemente afferrato l’”attimo fuggente”, sperando che il tempo lenisse quelle ferite.

Che passasse acqua sotto i ponti.

Trascinandosi il corredo di gloria, fama, soldi, gioielli, lusso, ville e bella vita.

Salvo poi accorgersi che l’unica cosa che non tornava più era quella dignità alla quale avevano spontaneamente rinunciato.

Cara Asia, care attrici e star hollywodiane, pur condannando il mostro, e il sistema, che vi ha creato, per favore, evitateci la storiella strappalacrime del “forzatamente costrette”.

E sappiate, stavolta spendendo sapientemente un po’ di dignità ( e rispetto per le meno fortunate di voi), accollarvi anche le critiche.

Cara Asia, ora vuoi querelare chi pensi che ti diffama, quando non hai avuto il coraggio di farlo con chi ti toglieva, a forza (detto da te), la dignità.
Cara Asia, ti sei mai chiesta se quel tuo (vostro) non denunciare, accettare di fatto un sistema odioso, abbia mai penalizzato donne (e anche uomini) forse artisticamente piu’ bravi di te ma meno propensi a subire ricatti?

Cara Asia, i muscoli (perchè anche il cuore lo è) li dovevi mostrare prima e in altre occasioni che non in questa foto che posto.

Quel tappeto rosso che hai deciso di calpestare ti ha richiesto un prezzo.

Caro e ignobile che sia,  tu , con il tuo tuo silenzio, hai deciso di pagarlo.

E di farlo pagare ad altre dopo di te.

Bastava uno schiaffo, una rinuncia, una sbattuta di porta, finanche una denuncia.

Con affetto.

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